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Perdere un figlio in gravidanza

Perdere un figlio durante la gravidanza o dopo il parto non è un evento raro e coinvolge genitori di tutto il mondo, senza distinzione di età o appartenenza etnica e sociale.


È un’esperienza straziante a cui non si è preparati, che ha in sé qualcosa di innaturale: il coincidere dell’inizio della vita con la morte. Cancella un legame profondo che inizia prima della nascita, fatto di scambi psichici, sensoriali e biologici e che stimola una dimensione immaginaria, in cui tutti si preparano all’arrivo del bambino. Quando tutto ciò si interrompe, si perde qualcuno con cui non si hanno tracce di un rapporto visibile agli altri, questo complica le cose perché rende meno legittimo il dolore e la condivisione dei propri sentimenti. È anche per questo che se ne parla poco e le donne che si trovano a vivere questo evento rischiano di sentirsi un’eccezione e quindi sbagliate. Nonostante la nostra cultura fatichi a comprenderlo come tale, l’aborto è un evento luttuoso e chi lo vive ha bisogno di tempo e di spazi di ascolto amorevoli. Essere informati e poter condividere permette di sentirsi meno soli, meno sbagliati, può aiutare a normalizzare la situazione, a vederne l’uscita e a tollerare il dolore con maggior consapevolezza.

 

Accogliere ed elaborare tale sofferenza è un compito difficile, ma indispensabile per investire nuovamente in aspetti vitali del sé e riguarda non solo chi è coinvolto direttamente dall’esperienza, ma anche gli operatori del settore, che con il loro contributo sono implicati inevitabilmente in questo processo.

 

Per affrontare e superare questa perdita bisogna riconoscere a chi la subisce il diritto di soffrire e affidare agli operatori sanitari il dovere di sostenere. Si tratta di due dimensioni correlate: si può essere aiutati a concedersi il diritto di soffrire, se intorno c’è una rete di sostegno che riconosce e dà valore al proprio vissuto e in senso inverso la rete di sostegno può essere incentivata a identificarsi in questo ruolo, anche attraverso la richiesta di chi soffre e consapevolmente si fa portatore di un bisogno.

 

È una crisi profonda che pone davanti alla sfida di tollerare il dolore e trasformarlo in qualcosa di utile a cui attribuire un senso e da cui trarre un insegnamento, attraverso un lavoro di maturazione del sé.

 

Infatti non tutti i progetti si realizzano come li abbiamo immaginati. La maternità non fa eccezione. Nella procreazione siamo Natura e il nostro volere è determinante, ma non decisivo. Operiamo le nostre scelte, eppure esiste qualcosa di misterioso che sfugge al nostro controllo.

 

Quando si è attraversati da una profonda sofferenza, come nel lutto perinatale, la via maestra è il perdono: è difficile accettare l’avverso destino, ma solo il perdono libera il cuore dal dolore e dal potere che i fatti esercitano. Il perdono arriva quando i genitori rinunciano a esigere il risarcimento per il grave torto subito e scelgono di non identificarsi più con il risentimento.

 

Il lutto perinatale trasforma per sempre, ma attraverso la sua elaborazione la coppia può accedere ad altri livelli di conoscenza ed entrare in contatto profondo con il senso della vita.

 

È un percorso di consapevolezza e di accettazione di sé. Il ritrovato benessere inizia quando la sofferenza si trasforma in energia guaritrice che può aprire di nuovo la coppia alla bellezza e alla gioia.